Stabilimento ex Dormisch di Emilio Mattioni

Emilio Mattioni “in memoriam”

10 marzo 2022

L’architetto Emilio Mattioni è morto ieri.
Con lui scompare l’ultimo dei grandi architetti e intellettuali che hanno fatto del Friuli uno dei luoghi più rilevanti nel dibattito architettonico italiano.
Nato nel 1934 fu assistente alla IUAV di Giancarlo De Carlo e Aldo Rossi e suoi sono molti piani regolatori, come progetti per stabilimenti industriali, e – insieme ad Agosto e Panelli – di quella che rimane una delle poche grandi e significative architetture civili della città di Udine della seconda metà del 900, il complesso del Malignani.
Con gli amici Gianugo Polesello e Renzo Agosto condivise diversi progetti e lo storico studio di via Mazzini, crocevia di artisti, intellettuali ed architetti.
Emilio Mattioni è stato un intellettuale di vasti interessi: la sua biblioteca costituì, alla chiusura dello studio di via Mazzini, il nucleo di quella della facoltà di architettura di Trieste, mentre quella personale crebbe costantemente fino a ieri fino a occupare ogni spazio della sua casa. La sua persona è stata una lezione continua di sobrietà, rigore intellettuale e morale, fiducia nel pensiero razionale, capacità di ascolto dei più giovani e non ultimo, anche di lucido disincanto.

Per Emilio

Udine, 12 marzo 2022, Cimitero di San Vito

 

Ricordare qui Emilio, come mi è stato chiesto da Daria che ringrazio per il difficile compito, pone evidentemente delle difficoltà che credo tutti a siano chiare. La più immediata è l’imperativo a evitare ogni retorica, questo perché Emilio per noi è presente (e il suo giudizio conta) e lui era esattamente l’anti retorica fatta persona. E questo incipit forse non gli sarebbe piaciuto perché già ovvia retorica..

La seconda perché è stata persona complessa.

Premetto che non ho intenzione di parlare di architettura, dell’importanza del suo lavoro e della passione comune che ci ha legati.

Vorrei che le mie parole non fossero di ricordi e pensieri personali ma  invece  fosse possibile condividerle con gli amici comuni.

Dopo la notizia della sua morte ho telefonato a Paolo Nicoloso, grande amico di Emilio e mio, che è qui presente ed abbiamo parlato ovviamente di Emilio :  alcune cose che dirò abbiamo scoperto essere sentimenti comuni. La prima- che è poi il derivato di tutto quello che Emilio era – si può descrivere nel fatto che chiunque venisse in contatto con lui percepiva la necessità di una visione delle cose  “piu alta” mai ristretta, provinciale, riduttiva, semplificata,  e che quindi ti metteva di fronte a responsabilità maggiori, più complesse. Il ragionamento qualunque esso fosse si collocava ad un altro livello, un po’ più impegnativo ma più significativo.  La sua era una capacità di discernere fra ciò che era essenziale e ciò che lo era di meno: nella politica, nelle vicende che ci circondavano, nella cultura, nella scienze esatte, (sua passione), fra le persone e ovviamente, nell’ architettura. Possiamo fare a meno di parlare del lavoro di Emilio Mattioni architetto anche perché le parole per descrivere il suo pensiero e la sua personalità posso essere trasferite direttamente a definire i caratteri della sua architettura .

La sobrietà è una di queste ad esempio è anch’essa descrittiva a suo tempo del  carattere e delle sue architettura.
Sobrietà come stile di comportamento, ma anche come stile di pensiero. Il rifuggire dai toni eccessivi senza sminuire la radicalità, a volte, dei giudizi. Sobrietà  e discrezione. Sobrietà anche nei gesti, tale da farne un signore, quasi uscito da un romanzo di Thomas Mann, ma lui avrebbe accettato, ne sono certo, una analogia non meno pregnante e adeguata, per cui si sarebbe schernito e compiaciuto: quella con Mies van der Rohe.

E la sobrietà era accompagnata dall’esattezza, un valore molto importante.

Emilio Mattioni
Foto di Elia Falaschi

Una esattezza che mi è parsa frequentemente ciò che univa in lui il mondo delle scienze e la sua vasta cultura umanistica, la tecnica e i suoi significati culturali e sociali,  infine (o all’origine)  espressi proprio nel pensiero della e sulla architettura. E mi viene in mente Primo Levi e del mio entusiasmo – condiviso –  che  una volta gli avevo espresso per la lettura di “ Chiave a stella “ la raccolta di racconti omaggio alla sapienza del lavoro meccanico scritto dal  chimico- scrittore.

Mai essere approssimativi, nelle parole, nelle cose. Occorre una cultura vasta, per essere esatti e sobri, come quella che Emilio Mattioni ha costruito negli anni, e mi piace pensarla, ovviamente come una costruzione,  che è stata metodica  e complessa e ampia . Un prendersi cura di sé, un impegno con se stesso guidato dalla passione.

Si usciva spesso (se non sempre) dalla sua casa, dove i libri coprono ogni spazio disponibile, con una nuova indicazione bibliografica e per quanto mi riguarda, rimuginado e riflettendo..

Nel confrontarsi con lui certamente più autorevole per prestigio, storia, età credo che tutti dobbiamo riconoscerne oggi, e con affetto, la sua capacità di ascolto, anche dei più giovani. Una virtù non frequente soprattutto con l’invecchiare, con il passare degli anni, il venir meno del tempo.

E sopra tutto infine una sua cifra distintiva che per chi la conosciuto non è una vaga espressione retorica: la sua è stata una ostinata fiducia nella ragione, o (come giustamente mi ha corretto Paolo), un dover comunque affidarsi alla ragione, oltre ogni pessimismo, oltre ogni evidenza del suo attuale discredito. Un lucido scetticismo era comunque inevitabile, risultato derivato proprio di tale disciplina. Anche per il suo rigore morale che era semplicemente non – discutibile, alieno a compromessi e aggiustamenti.

Io ora rivolgendomi a Emilio posso solo dire della mia speranza di avergli allietato qualche momento e di non essere stato del tutto inutile con i miei interrogativi. Certo che io – ma potrei certamente dire noi – molto gli devo e spero semplicemente di tener fede a ciò che mi ha trasmesso.

Giovanni Vragnaz